“Non è sufficiente riportare il pugilato italiano ai vertici internazionali – ripercorrendo fasti e gloria del passato – se il nostro impegno non è diretto ad affermare, altresì, la dimensione valoriale della nobile arte. Con orgoglio e convinzione dobbiamo essere capaci di proiettare le implicazioni culturali ed educative della nostra antica disciplina la cui pratica, anche a livello amatoriale, influisce significativamente sull’educazione ad un patrimonio di valori e principi che sono il collante del vivere comune. In questo il pugilato è un “gigante” e possiede nel suo genoma più autentico – che risale alle antiche olimpiadi greche – enormi potenzialità educative che vanno al di là della competizione che si svolge sul ring.



Essa stessa, la competizione pugilistica, è performance sociale nella quale gli attori – i pugili – non si scontrano ma si confrontano con onestà e fair play, impedendo all’aggressività umana di trasformarsi in bieca violenza. Così il gigante pugilato diviene – al tempo stesso – strumento di uguaglianza nonché di pari opportunità di partecipare alle competizioni ed affermare se stesso; il tutto nell’alveo di regole condivise. Tutto questo riconduce la nobile arte a pura pratica “agonale”, legata cioè ai valori dell’agorà, dell’incontro, del dialogo, del confronto che, paradossalmente ma realmente, favorisce un incontro tra gli atleti e non uno scontro. Scollegare il pugilato dai valori sociali e dall’educazione significherebbe decretarne la futura morte, svuotandolo del suo significato e del suo senso più autentico. Questo noi non lo permetteremo mai”. Così in una nota stampa il Presidente della Fpi Dott. Flavio D’Ambrosi.

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